Intorno a un Manifesto delle Alpi
Tentare. Tentare di far diventare la questione delle Alpi un tema strategico del dibattito politico nazionale ed europeo.
E’ questo l’impegno che gli autori del Manifesto delle Alpi intendono perseguire nei prossimi mesi. Il Manifesto, presentato sabato scorso a Belluno in un gremito Centro Giovanni XXIII, si articola in 18 punti che vanno dalla richiesta di considerare nella riforma costituzionale la specificità dei territori alpini, come individuati dalla Convenzione delle Alpi, prevedendo la presenza di Enti di autogoverno alla richiesta di adottare una semplificazione delle procedure del sistema fiscale per le piccole attività economiche, dalla richiesta di modificare la rappresentanza politica nel Parlamento nazionale e nei Consigli regionali rapportandola anche al parametro del territorio alla richiesta di considerare un più adeguato ritorno delle risorse derivanti dalla produzione idroelettrica e delle reti energetiche ed infrastrutturali.
Un documento ambizioso predisposto in una fase storica in cui più forte si leva la voce da parte di chi ritiene ormai necessario che dalle parole si passi ai fatti in tema di autogoverno e di una autentica valorizzazione delle comunità che vivono e abitano la montagna alpina. Per questo è necessario rovesciare la prospettiva adottata finora, ovvero superare le logiche del mercato ispirate alla ricerca del profitto e al contenimento dei costi nell’ormai illusorio e non più accettabile sfruttamento illimitato delle risorse.
Le Alpi hanno bisogno di uno sviluppo che emerga dalle potenzialità del suo territorio e non sia calato o peggio imposto dall’esterno, dalle aree demograficamente più forti e più attrezzate a competere in un campo il cui perimetro è definito dalle logiche sopra citate.
Tuttavia è anche indispensabile non cadere nella trappola di proporre la regione alpina come “isola” da contrapporre alle grandi città e alle pianure che circondano le Alpi, molte volte a sostegno di rivendicazioni di carattere per lo più isolazionistico e in nome di una volontà autonomista che appare più velleitaria che praticabile.
In realtà le Alpi sono un territorio difficilmente scindibile dalle regioni circostanti che necessitano di una governance che veda coinvolti tutti i livelli – europeo, nazionale, regionale, locale – ai quali il destino del suo territorio è indissolubilmente legato.
La via maestra rimane quella di “territorializzare” i nove protocolli previsti dalla Convenzione delle Alpi – solo nel 2012 finalmente ratificati dall’Italia – attraverso una maggiore consapevolezza delle prospettive da essi aperti e una più efficace formazione da parte del personale politico dei diversi livelli di governo che opera in questa regione dove sono presenti in forma diffusa e frammentata oltre 6000 comuni.
L’approccio rivendicativo – di territorio, di competenze amministrative, di potere – anche sostenuto da un genuino desiderio di valorizzare le comunità locali e i valori che esse esprimono, ispirato dalla convinzione che “da soli” si può meglio agire, è dimostrato che indebolisce il sistema Alpi e non lo rafforza.
Il Manifesto presentato a Belluno è certamente un significativo “input paper” che necessita del contributo di tutti i soggetti portatori di interesse dell’area alpina nella consapevolezza che le Alpi, proprio perché appartengono a tutti, proprio perché “centro” e non “periferia” dell’Europa, richiederanno sempre di più una governance coordinata, condivisa e capace di coniugare tutela dell’ambiente e sviluppo, esigenze della popolazione residente con aspettative del settore turistico, accessibilità e mobilità con la conservazione della multiforme cultura alpina, produzione energetica con tutela degli ecosistemi e del paesaggio.
E i bellunesi – ne siamo certi – così come in altre occasioni, non mancheranno di offrire il loro contributo per la realizzazione di tale strategia.